2 dicembre 1930


Durante gli Esercizi Spirituali di quell’anno, il Padre Fondatore aveva fatto alle Suore un poco di resoconto (…) toccando specialmente il tema delle Missioni già sviluppate oltre Atlantico dai Religiosi della Congregazione; aveva anche affermato che le Suore Missionarie della Carità dovevano ormai allargare le loro tende e varcare i mari per portare la luce del Vangelo a tanti popoli privi della fede e della grazia del cristianesimo.

Don Orione gettò sull’assemblea la domanda: “E voi andreste volentieri in missione?...”. E’ inutile dire che la pronta risposta fu quella attesa: “Sì, sì, andiamo…”.

(…)

La funzione d’addio, si svolse nel pomeriggio del 6 dicembre, nella chiesa di Santa Caterina, stipata di Suore e di Benefattori. Dopo il canto del “Veni Creator”, Don Orione parlò, come sempre parlava,quando traboccava dal suo cuore la piena gratitudine a Dio e gli brillava nell’anima la certezza di un grande bene da compiere.

“Quest’anno, come voi sapete, o miei fratelli, la Chiesa Universale ha celebrato il centenario del grande Sant’Agostino. Anche la vostra città di Genova ha celebrato feste specialissime in onore di Sant’Aurelio Agostino, il grande Padre della Chiesa, del quale si potrebbe veramente dire, con Dante, che più d’ogni altro “come aquila vola”.

(…) Il Signore ha istituito uno speciale Sacramento. Nostro Signore Gesù Cristo, fra i sette Sacramenti, ce ne ha dato uno che è il Sacramento dell’Ordine Sacro; ha preparato degli uomini che fossero, in mezzo alle umane generazioni, come altrettanti Cristi, che, in mezzo alle città popolose ed anche nelle valli dimenticate della terra, potessero portare il suo Vangelo, la sua luce, la sua carità, la sua parola, i suoi Sacramenti: ha istituito il Sacerdozio, il Sacerdozio divino, il Sacerdozio cattolico. Perché lo ha creato? Perché i sacerdoti aiutino i fratelli a corrispondere alle grazie di Dio ed a salvarsi. Ecco che noi abbiamo sacerdoti sparsi per le grandi città, come la grande Genova, nei paesi cristiani e civili, ed abbiamo anche i sacerdoti che, tocchi della carità di Dio, si fanno come ostie vive, olocausti nell’amore, nella carità dei fratelli, e lasciano il paese dove sono nati, la patria sempre tanto cara – perché l’amore di patria è uno dei più sacri amori del cuore umano – per recarsi in terre straniere. Lasciano il padre, la madre, le buone sorelle, le persone più care, le persone più amate, e fanno un olocausto di se stessi, per andare a portare la luce della fede anche là dove non vivono che selvaggi; sempre per aiutare le anime a salvarsi, perché la redenzione di Cristo sia veramente copiosa.

Per questo Gesù Cristo disse, prima di salire al Cielo, agli Apostoli: andate per il mondo universo, predicate il Vangelo a tutte le creature. Ond’è che la missione dei sacerdoti è la missione degli Apostoli, perché vanno rinnovando, attraverso i tempi, attraverso le generazioni, l’apostolato dei primi discepoli di Gesù Cristo. Anche oggi vediamo che questi pionieri della fede e della vera civiltà lasciano la patria, lasciano tutto per andare – forse domani, vittime e martiri – là, in quei lontani paesi, dove è necessario portare il balsamo della luce cristiana e della fede. E fu sempre così, anime dei miei fratelli, fu sempre così, da 20 secoli! Da 20 secoli noi vediamo, in tutti i periodi della Chiesa, che i Papi mandano i Missionari, gli apostoli della fede, in terre lontane, remote.

Ma il sacerdote non sempre può arrivare a tutto e dappertutto; anzi, vi sono dei momenti nei quali il sacerdote Missionario vede che il suo apostolato va frustrato; perché? perché egli si trova in certi posti, ai quali, per tanti riguardi che voi comprendete, egli non può accedere; ed ecco allora che noi – come vediamo, in ogni tempo, ripetersi il fatto degli Apostoli che si dividono per il mondo – così vediamo, in tutti i tempi della vita della Chiesa, delle anime che, sulle orme dei missionari e dei sacerdoti, si mettono con loro, si uniscono ad essi nel lavoro in quei lontani paesi e nel sacrificio. Queste anime, dal cuore veramente pieno ed ardente della divina carità di Gesù Cristo, sono le Suore, le Missionarie. E’ sempre stato così, sapete! Aprite il Santo Vangelo e voi vedrete che, al fianco del Signore, vi erano le pie donne; e che facevano le pie donne? Arrivavano là dove forse Sant’Andrea, San Giacomo, e gli altri, non era prudente che andassero. Leggete le lettere di San Paolo e vedrete che egli nomina le donne generose che, insieme con lui e con San Luca, andavano a diffondere il Vangelo; e si può dire che non v’è una lettera di San Paolo che egli la chiuda senza fare i saluti anche per quelle donne, per quelle anime generose che si erano aggregate a lui e agli altri apostoli e che, in nome di Dio, erano partecipi con loro nell’apostolato.


Perché voi siete venuti a dare a queste povere Suore, questa grande dimostrazione, stipando la Cappella del Piccolo Cottolengo? A dare l’addio a sei povere Suore, che domani si imbarcheranno per le lontane Missioni. Oh, quanto bene faranno mai le Suore nelle Missioni! E quanto sono necessarie! A chi affideranno, i nostri Missionari, le povere orfanelle, gli innocenti bambini? Non a uomini certamente. Chi assisterà le povere vecchie cadenti, chi le conforterà negli ultimi momenti della vita? Tante volte non hanno figli, e molte volte il sacerdote è molto lontano, tanto lontano!

Guardate: nella diocesi, dove vanno queste povere sei Suore del Piccolo Cottolengo Genovese, sapete che cosa è capitato a me nove anni fa? Mi misi su un treno diretto, la mattina, ed il treno continuò a camminare per tutto il giorno. Faceva delle fermate, ne avrà fatte venti, venticinque fermate in tutta la giornata. Viaggiai in treno diretto dalla mattina presto fino verso sera, e il sole stava tramontando: avevo viaggiato tutto il giorno e non avevo trovato un paese che avesse un sacerdote! C’erano dei paesi, c’erano delle stazioni, ma in tutti quei paesi non c’era un sacerdote: il sacerdote era là in quella chiesa, in quel paese dove io ero salito alla mattina, e poi trovai l’altro sacerdote dove mi fermai alla sera. In quei paesi, pieni di italiani, pieni dei nostri fratelli che vanno a cercare un pane in terra straniera, chi avrà assistito quelle popolazioni? Chi avrà confortato quegli orfani? Le Suore! Quando io fui là, in quel viaggio, mi rivolgevo al Segretario del Vescovo della Diocesi della Plata – figlio quel Segretario, d’un savonese – e ad ogni paese gli chiedevo: E qui vi è un sacerdote? – No. – Eh, ma allora? – Ed egli: Il Vescovo ha potuto ottenere che venissero delle Suore dall’Italia e dalla Spagna, ed allora ha scaglionato, qua e là, tre, quattro Suore, le quali fanno i battesimi, assistono i moribondi, fanno, insomma, in certi momenti, da sacerdoti. Guai, mi diceva, se non avessimo le Suore!


Ecco, cosa fanno le Suore nelle Missioni. Ed in certe famiglie, anche in Italia, dove esse capitano, prima entra una Suora ad assistere un malato e poi, piano piano, apre la porta anche al prete; se no, quanti malati morirebbero senza il conforto dei Sacramenti! Prima, va avanti la Suora, dice al malato parole buone che vanno al cuore, e poi, piano piano gli ricorda Iddio, quel Dio, del quale il malato avevo forse udito parlare da fanciullo, quel Dio che egli aveva incominciato a pregare sul grembo della madre, me che poi, in seguito, lasciò… Quindi si dimenticano di Dio! Da principio fanno un po’ di preghiera, hanno il ricordo delle belle solennità dell’anno nella loro chiesa, Pasqua, Natale, ed altre feste; ma poi? Dimenticano tutto, diventano tutti giorni di lavoro, un giorno è uguale all’altro. Chi è che fa’ rivivere Dio nel loro cuore? La Suora che fa’ da madre e fa’ da figlia al povero vecchio che muore.

Ecco, cosa vanno a fare queste sei Suore. Ma vanno a fare qualche cosa di più. Sono povere figlie, voi sapete come io le chiamo: “straccione”, perché dobbiamo essere stracci nelle mani di Dio, stracci e figli ai piedi e nelle mani della Chiesa di Cristo. Ebbene, che andranno a fare queste sei povere Suore? Le avete vedute quelle poche parole d’invito che vi ho mandato?... Vanno là ad aprire un altro Piccolo Cottolengo. (…)


Sono stracci, queste sei Suore, e vanno a raccogliere non la seta, il velluto, ma a raccogliere quelli che sono il rifiuto della società. E noi siamo qui per pregare, per innalzare a Dio una preghiera, perché queste umili Suore siano emulatrici di Santa Caterina da Genova, che qui, nel vostro ospedale, diffuse tanti tesori di bene fra gli infermi, si fece madre degli orfani, di tutti i tribolati e derelitti. (…)
Partano queste Suore, e battezzino le anime non con acqua ma di Spirito Santo! (…)

Ed ora, cosa dirò a queste umili Suore, che domani, alle ore 11, sul “Giulio Cesare”, si staccheranno da questo porto e, per alcuni giorni, si troveranno tra cielo e mare e non vedranno altro che acqua e cielo? Che cosa dirò? Ecco: Andate, povere figlie di Dio, umili Suore Missionarie. La nostra preghiera vi seguirà poi sempre in tutti i giorni della vostra vita. Noi vi raccomanderemo sempre, ogni qualvolta il nostro cuore solleverà la sua voce al Signore: fin da questo momento vi promettiamo, davanti al Tabernacolo del Signore, che non vi dimenticheremo mai e pregheremo sempre per voi. E quando arriverete a battezzare quei poveri bambini, che forse morirebbero senza battesimo, quando arriverete a portare a Dio delle anime che forse non arriverebbero a ricevere i conforti religiosi, pregate per noi. In mezzo ai contrasti non vi abbattete, o umili stracci della Divina Provvidenza, umili Suore Missionarie della Carità! Guardate quel Crocifisso che portate sul cuore e unite i vostri palpiti a quelli del Cuore Sacratissimo di Gesù. E se venissero, anche per voi, dei momenti di stanchezza, di debolezza, ah, premete sul vostro cuore il Cuore di Gesù, pensate che breve è il patire ed eterno il godimento. Pensate a quelle belle parole, pure di Sant’Agostino: Tu hai salvato un’anima, tu hai predestinata l’anima tua.


(Don Orione alle Piccole Suore Missionarie della Carità, pp. 259-265)