Lunedì, 26 Febbraio 2024 10:05

La testimonianza delle Suore in Ucraina a due anni dall’invasione del paese. Un’esperienza di resilienza e gratitudine.

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Le suore in Ucraina svolgono il loro servizio presso le case per le ragazze madri a Korotycz e nel servizio per i senza tetto e i profughi presso il centro di Caritas a Charkow. Dopo l'inizio della guerra, sono state costrette a trasferirsi in un'altra parte dell'Ucraina, ma dopo alcuni mesi sono tornate a casa, dove continuano il loro apostolato.

 Il 24 febbraio, in occasione del secondo anniversario dell'invasione russa in Ucraina, Madre M. Alicja ha telefonato a sr M. Kamila, superiora della comunità a Korotycz, per esprimere la solidarietà delle Suore della Congregazione. Sr M. Kamila ha risposto alle domande poste nel contesto di due anni di guerra.

Qual è l’evento che più ti è rimasto impresso nella memoria?

“Ricordo soprattutto l'inizio della guerra. Ho tutto scritto nella memoria. Alle 5 del mattino il telefono ha squillato e una delle nostre ospiti ha urlato: “Sorella, qui ci bombardano, siamo rifugiate nel seminterrato, la guerra è cominciata!”

Ho impressi nella mia memoria tutti quei momenti, tutto quello che è successo dopo, quei primi giorni così drammatici e così in contrasto con una realtà incomprensibile: gli scoppi delle bombe, gli aerei, la paura per le donne e i bambini. Ricordo la paura nel prendere decisioni e la sensazione che una scelta sbagliata avrebbe potuto causare la morte di qualcuno… Un grande senso di pericolo...

L'inizio della guerra è stato il momento più difficile della mia vita, ma allo stesso tempo è stata un'esperienza di incredibile unità, comunità, corresponsabilità con i nostri ospiti e volontari. Ricordo che poi quando i conflitti erano finiti, tutti agivano come un unico organismo, preparavamo la casa, i sacchi di sabbia, eravamo impegnati nel servizio in cucina, ed eravamo circa 50 di noi. Da un lato, era tutto spaventoso, ma dall'altro c'era una tale forza, una realtà così diversa.

E poi il racconto del viaggio, la grande Divina Provvidenza e la grande presenza di Dio: il sacerdote era con noi, avevamo il Santissimo Sacramento, avevamo la Santa Messa.

Penso che i primi giorni di guerra saranno sempre per me un'esperienza così paradossale e terribile: terribili paure, terribili sofferenze, terribili pericoli possano essere allo stesso tempo anche un luogo di esperienza di unità, di coraggio e di pace. Questo ricordo rimarrà cruciale per me, e vi torno con gratitudine verso Dio, perché Lui ci ha guidato, ci ha dato forza, ci ha portato fuori, ci ha protetti.

Come vedo la nostra presenza in Ucraina? Come ho detto, lo voglio stare qui. Comunque, parlo abbastanza spesso con le suore, e la Superiora provinciale ha chiesto se desiderassimo rimanere qui  di nostra spontanea volontà, e ognuna di noi ha detto che sì, lo volevamo. Non la vediamo la situazione in altri termini, è solo la vita normale di tutti i giorni. Stiamo facendo quello che facevamo prima della guerra. Ora ci sono di nuovo le mamme, ci sono di nuovo i bambini, tutto ha preso un tale ritmo.

Abbiamo dei neonati, li vediamo crescere, in loro si rivela la forza della vita. Abbiamo questo bellissimo ministero, davvero non pensavo nemmeno che mi sarei trovata in questo lavoro così bene, che sarebbe diventato parte della mia vita, così ordinario, familiare, caloroso... Un’esperienza che arricchisce molto me stessa, e penso che anche le mie consorelle sentano la stessa cosa. In effetti, vedo il nostro essere qui come una sorta di grazia. Sono molto grata alla Congregazione per averci dato questa opportunità... Grazie per la vostra fiducia, per averci dato tanta libertà di scelta.

Penso che la guerra sia qualcosa di terribile, incomprensibile. Ma la guerra è anche paradossale: è qualcosa di così terribile da un lato e dall'altro ci mostra un valore completamente diverso della vita. È come se ci facesse vedere ciò che è veramente importante, ciò che è prezioso.

Per me, è stata un'esperienza significativa aver dovuto lasciare le nostre case e andarcene, essere rifugiati, non essere a casa. E poi tornare a casa, a Korotycze, con un senso di profonda gratitudine, percepire questa vita quotidiana come un dono che ci è stato fatto nuovamente e sperimentare che quello che facevamo normalmente, ora lo facciamo con un po' più di gratitudine perché possiamo farlo, perché siamo qui,  perché possiamo essere a casa.

Ricordo l'anniversario della dedicazione della casa, quando abbiamo augurato ogni bene a questo progetto, e i bambini hanno abbracciato le pareti dell’abitazione. È una specie di amore, un amore per la casa.

Per me personalmente, questa guerra è anche un'esperienza di ciò di cui l'uomo è capace nel suo orgoglio, nella sua superbia, nella sua avidità, ma anche dall’altra parte, quanto è bello l'uomo, come Dio lo abbia dotato di una forza psicologica che gli consente di sopportare la sofferenza di uscire da sé stesso verso gli altri.

È così che guardo tutte queste persone, volontari, che vengono ad aiutare... Guardo la gente dei villaggi che ha perso tutto, ma spera, crede, resiste...

Dio ci ha dotati di un'incredibile resilienza, flessibilità, forza d'animo, un'incredibile bellezza e ricchezza.

Queste domande mi hanno fatto riflettere. Paradossalmente, è un momento benedetto. Stiamo pregando per la pace e speriamo che la guerra finisca presto. Dio ci aiuti affinché la sofferenza di questo povero popolo ucraino, porti la libertà e la conversione alla Russia e all'Ucraina e affinché le persone possano finalmente riconoscere gli effetti del comunismo e del male”.

Letto 301 volte Ultima modifica il Mercoledì, 28 Febbraio 2024 08:52