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Giovedì, 28 Novembre 2013 13:25

Circolare di Avvento della Superiora generale

28 novembre

 

IMMAGINE_NEWS«Lo Spirito Santo scenderà su di te,

su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo.

Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio                                                                     (Lc 1,35).

 

Pubblicata oggi la CIRCOLARE di AVVENTO  2013 di Madre M. Mabel Spagnuolo.

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Pubblicato in 2013

31 ottobre

 

anteprima1_3110013E' online il PUZZLE della Superiora generale per il mese di Novembre:

 

Vivere una preghiera aperta alla partecipazione dei laici, che ci renda vicine e solidali con ciò che succede nel mondo e alle necessità dei fratelli e delle sorelle, che ci porta a maturare relazioni di amicizia con i laici e a offrire al Signore insieme ad essi le gioie e le sofferenze dell’umanità.


(Dimensione sacerdotale: n° 11–pag. 49) 

 

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Pubblicato in 2013
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Approfondendo la Decisione sullo stile di vita Atti dell’XI CG

 

Vivere una preghiera aperta alla partecipazione dei laici, che ci renda vicine e solidali con ciò che succede nel mondo e alle necessità dei fratelli e delle sorelle, che ci porta a maturare relazioni di amicizia con i laici e a offrire al Signore insieme ad essi le gioie e le sofferenze dell’umanità.

(Dimensione sacerdotale: n° 11 – pag. 49) 

 

La riflessione di oggi è in stretto collegamento con il “pezzetto” del mese scorso. Siamo sempre sul tema della preghiera. Ma oggi, la Decisione ci invita ad “una preghiera aperta alla partecipazione dei laici”.

Certamente non si tratta soltanto del semplice “invitare” ogni tanto qualche laico “a pregare con noi”, ma di instaurare uno “stile” di relazione con loro che ha alla base la comune esperienza di fede, la comune esperienza spirituale carismatica.

Questo implica metterci “alla pari”, accanto, come fratelli e sorelle, in uguaglianza e allo stesso tempo complementarietà. Superare il senso di “superiorità religiosa” (da parte nostra), e quello di “inferiorità religiosa” (da parte dei laici) per fare esperienza di Dio insieme.

Le nostre comunità spesso vivono una pericolosa tendenza all’autoreferenzialità, sia nelle relazioni, sia nell’apostolato, sia nella preghiera. Un test molto semplice per sapere il grado di apertura, di universalità, di “decentralità” di una comunità, è quello di “ascoltarecome prega, per chi e per cosa si prega nelle nostre orazioni spontanee…

Rimango sempre positivamente colpita quando ho l’opportunità di condividere la preghiera con le Monache Trappiste di Vitorchiano. Sono Suore di stretta clausura e di vita veramente esigente, ma nelle loro preghiere si respira il mondo, si sente l’universalità, la loro “presenza” orante e contemplativa nelle vicende dell’umanità. Come si prega bene con loro!

E le nostre “preghiere”? Quali frontiere hanno? Magari arrivano alle frontiere della propria parentela, al massimo di qualche vicino o conoscente, o una qualche richiesta generica… E mi domando: può essere questa la preghiera di una “orionina” che anche nella preghiera ha un “cuore senza confini”?

La presenza dei laici, e ancor di più, dei laici orionini, nelle nostre comunità è una benedizione e una provvidenza. Loro ci rendono più “vicine e solidali con ciò che succede nel mondo e alle necessità dei fratelli e delle sorelle”, perché il “luogo” per eccellenza della loro vocazione sono proprio le vicende quotidiane del mondo, degli uomini e delle donne del nostro tempo, della nostra città, del mondo del lavoro e della famiglia… tante volte estranee alle nostre “piccole” realtà e problematiche comunitarie. Pregare con loro, fare un ritiro insieme ai laici, condividere la Parola di Dio può donare alla comunità un “soffio” di aria fresca, di realismo e vicinanza con le situazioni concrete della gente. Ci aiutano a ridimensionare le nostre piccole o grandi problematiche, ad aprirci e a solidarizzare con le “periferie esistenziali” che aspettano la carità della nostra preghiera e della nostra azione.

Inoltre, metterci senza paura in un cammino spirituale insieme ai laici, “porta a maturare relazioni di amicizia con loro”, basate sui valori cristiani e carismatici comuni alle nostre diverse vocazioni. Ci apre a un dialogo e a una riflessione matura, profonda, spirituale, cioè, a una vera “amicizia” che cerca il bene e l’aiuto reciproco per vivere con fedeltà la propria vocazione senza interferire, ma facendo crescere ognuno nella propria vocazione. Mi domando se certe “amicizie” che instauriamo con i laici che frequentano le nostre comunità sono veramente fondate sulla roccia di Cristo e di Don Orione… o sono uno sfogo, una fuga alla nostra incapacità di creare fra di noi, Suore, relazioni autentiche, vere, fiduciose, di amicizia fra di noi? Quanto siamo aperte a questo tipo di relazione con i laici? Come sono le relazioni personali o comunitarie che stabiliamo con i laici? Quanto c’è di amicizia vera e spirituale e, quanto, alle volte, c’è di interesse personale, di strumentalizzazione, di immaturità affettiva, di non testimonianza nella relazione con i laici (anche se orionini)?

Solo attraverso “relazioni mature” potremo “offrire al Signore insieme ad essi le gioie e le sofferenze dell’umanità”, perché saremo posizionati sullo stesso piano guardando lo stesso orizzonte, quello di “Instaurare omnia in Christo”.

Ormai abbiamo superato (spero!) le chiusure mentali e le barriere fisiche nei riguardi dei nostri laici, condividendo con loro in forma naturale e rispettosa spazi comunitari, feste, eventi… ma non dimentichiamoci della nostra prima forza spirituale comune: metterci insieme in ginocchio a lodare il Signore e a intercedere per l’umanità. Da questa sorgente nascerà dopo l’amicizia vera e il servizio generoso ai poveri. Rivediamo personalmente e comunitariamente questo punto, con sincerità e veracità. Ci animiamo anche a leggerlo e valutarlo insieme ai nostri laici? Buona riflessione!

 

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30 settembre

 

anteprima5_0110013E' online il PUZZLE della Superiora generale per il mese di ottobre.

Vivere la Lectio divina come confronto continuo tra Parola e vita, e vita e Parola. Incentivare modalità creative di preghiera per una spiritualità incarnata nelle diverse culture, curando la bellezza della liturgia, valorizzando e promuovendo anche la religiosità popolare.

(Dimensione sacerdotale: n° 10 – pag. 49)

 

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Pubblicato in 2013

Approfondendo la Decisione sullo stile di vita Atti dell’XI CG

Vivere la Lectio divina come confronto continuo tra Parola e vita, e vita e Parola. Incentivare madalità creative di preghiera per una spiritualità incarnata nelle diverse culture, curando la bellezza della liturgia, valorizzando e promuovendo anche la religiosità popolare.

(Dimensione profetica: n° 10 - pag. 49)

 

Con il “pezzetto” di questo mese, iniziamo la nostra riflessione sulle caratteristiche della Dimensione sacerdotale del nuovo “stile di vita”. Ci fa entrare subito nel fondamentale tema del “confronto della nostra vita con la Parola di Dio”. Oggi viviamo un tempo particolarmente privilegiato per la facilità che abbiamo di leggere, meditare, gustare, ruminare la Parola di Dio, in confronto con i tempi passati in cui questo era possibile solo ad “alcuni” nella Chiesa. La Parola di Dio è oggi nelle nostre mani come la “manna” quotidiana che alimenta, illumina e orienta la nostra vita cristiana e consacrata. Il rischio però è proprio quello di sentirci troppo “sazi”, quasi “indigesti”, è il rischio dell’abitudine o della lettura superficiale, che può rendere sterile la Parola, come dice Gesù nella parabola (cfr. Mt 13,4-9). Domandiamoci sinceramente: quante volte durante la giornata ricordiamo, ritorniamo alla Parola “ascoltata” nella Messa, nella Liturgia delle Ore…? “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino” dice il Salmo 119. Ma, è veramente “lampada” e “luce” che illumina e domina la mia giornata, che orienta i miei passi, i miei sentimenti, i miei comportamenti? Il “confronto continuo tra Parola/vita, vita/Parola” è la chiave della conversione, della trasformazione, della santità: della “cristificazione” della nostra vita e delle nostre relazioni fraterne e apostoliche. La dicotomia è la rovina, è la morte che ci rende incapaci di coerenza, di significatività. La pratica della Lectio divina è una delle più valide dinamiche che, vissuta seriamente e sistematicamente, può portarci lentamente alla trasformazione del cuore. Però non dobbiamo confonderla con la sola “meditazione” che, penso, è per tutte una prassi quotidiana. La “meditatio” è semplicemente uno dei passi dell’itinerario della Lectio divina, e ha bisogno di essere inserita nel contesto degli altri passi, precedenti e successivi. In questo modo, rimanere o conformarci con un solo passo, sarebbe come voler fare un viaggio e accontentarci di avere il biglietto: se non mi preparo, se non mi muovo, se non salgo sul mezzo, se non mi lascio portare… il viaggio non si realizza e non arrivo alla meta desiderata pur avendo il biglietto fra le mani. Quanto siamo personalmente e comunitariamente abilitate a “vivere la Lectio divina” nella nostra vita? Quale spazio occupa nella nostra organizzazione settimanale o mensile questa vitale dinamica di “confronto con la Parola e la vita”? Quali sono le nostre principali “scuse” per non realizzarla?

La seconda parte del “puzzle” di oggi ci invita ad “incentivare modalità creative di preghiera”. Il senso della “creatività” non sta nel voler innovare, cambiare per cambiare, non è nemmeno far diventare i momenti di preghiera una coreografia dispersiva o esteriore. Il vero senso è evitare la routine, la ripetizione monotona e, spesso, meccanica di preghiere, devozioni, ecc. e promuovere invece “una preghiera più autentica, più profonda, più vicina alla realtà, più inculturata, che abbia come centro la persona di Gesù. Una ‘preghiera 24 ore’, alimentata dalla Parola di Dio, dalla vita liturgico-sacramentale, e improntata alla semplicità e alla popolarità[1], l’unica che può trasformare la nostra vita. Una volta ho sentito dire: “da come prega una comunità si può capire come vivono i suoi membri”. Credo che sia una grande verità! La bellezza della nostra preghiera, specialmente quella comunitaria, è segno dell’amore e della fede nel Dio vivo e presente in mezzo ad essa. La bellezza del canto, la bellezza del luogo di culto, la bellezza delle voci unite nel pregare un Salmo, la bellezza del silenzio… bellezza che ci predispone alla gratitudine e allo stupore verso Colui che è “il più bello tra i figli dell’uomo” (Sal 45,3); bellezza che diventa poi armonia nelle relazioni, serenità di cuore, letizia profonda, e ci rende “donne contemplative”, sensibili alla presenza di Dio in ogni cosa, in ogni persona, in ogni avvenimento: “24 ore”! Una comunità diventa attraente dallo “stile”, dal “modo” come prega, come vive la fraternità e come serve i poveri. Questa è Pastorale vocazionale!

Anche qui possiamo domandarci: qual è il nostro stile abituale di preghiera? Quante volte siamo prese più dalla “fretta” e dall’“improvvisazione”, dalla ripetizione e dalla rigidità di fronte alla creatività, specialmente quando le più giovani propongono qualcosa di nuovo? Quale coscienza vera abbiamo della presenza reale di Dio nel Tabernacolo? (pensiamo alle tante “chiacchiere” in Chiesa, alle tante “parole” e “rumori” poco liturgici…! Vero?). Dialoghiamo con sincerità e rivediamo il nostro “stile”, i nostri “modi” di entrare in contatto con la Parola di Dio, con la liturgia, con i sacramenti; aiutiamoci a vivere una preghiera più profonda più flessibile, più aperta, creativa e incarnata…  Non si tratta di “quantità” bensì di “qualità”… vedremo che migliorando la “qualità” della nostra preghiera, migliorerà la “qualità” della nostra vita. Buon dialogo!

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Approfondendo la Decisione sullo stile di vita Atti dell’XI CG

Coltivare la vera amicizia e le relazioni interpersonali, favorendo esperienze nei vari ambii della comunicazione e della socializzazione: incontri, feste, laboratori, gite, ecc..

(Dimensione profetica: n° 9 - pag. 46)

 

Con il "pezzetto" di questo mese, completiamo le caratteristiche della Dimensione profetica del nuovo "stile di vita", con il grande tema delle relazioni, della fraternità e dell'amicizia. Questo tema ha ormai superato le fasi storiche, nelle quali l'amicizia nella vita religiosa era vista con un poco di diffidenza o come un qualcosa che si opponeva alla vita comunitaria e alla libertà del cuore. Certamente, perché saranno stati (e ci saranno sempre) degli estremi che, in fondo, poco hanno dì "vera amicizia'', secondo Gesù e in Gesù. Gesù ha valorizzato la relazione di amicizia con "i suoi", ed è significativo che, nelle sue espressioni più profonde, non ha utilizzato la parola ''fratello'', ma ha preferito dire "amico, amici": "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché lutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi" (Gv 15,13-15).

La "vera amicizia", specialmente tra i giovani, occupa uno spazio decisivo per la crescita e la maturazione psicologica e spirituale della persona, per lo sviluppo della sua personalità e per il vissuto della propria vocazione. Ma, in tempi di tanto relativismo, è importante "vegliare" sulle dinamiche relazionali per non rischiare di dare spazio a manipolazioni affettive, isolamenti, condizionamenti, che "inquinano'' la fraternità e la comunione. Da qui l'importanza di "parlare'" tra noi del tema senza '"moralizzare", e "favorire esperienze nei vari ambiti" che aiutino a fare delle relazioni amicali un "trampolino" per aprirsi ad altre relazioni. I due testi che vi propongo, illustrano benissimo il senso vero delle relazioni di amicizia e di fraternità, che possono essere dì luce e dare occasione alla riflessione e al dialogo comunitario.

L'Antico Testamento: "L'amicizia. Una bocca amabile moltiplica gli amici, un linguaggio gentile attira i saluti. Siano in molti coloro che vivono in pace con te, ma i tuoi consiglieri uno su mille. Se intendi farti un amico, mettilo alla prova; e non fidarti subito di lui. C'è infatti chi è amico quando gli fa comodo, ma non resiste nel giorno della tua sventura. C'è anche l'amico che si cambia in nemico e scoprirà a tuo disonore i vostri litigi. C'è l'amico compagno a tavola, ma non resiste nel giorno della tua sventura. Nella tua fortuna sarà come un altro te stesso, e parlerà liberamente con i tuoi familiari. Ma se sarai umiliato, si ergerà contro di te e dalla tua presenza si nasconderà. Tieniti lontano dai tuoi nemici, e dai tuoi amici guardati. Un amico fedele è una protezione potente, chi lo trova, trova un tesoro. Per un amico fedele, non c'è prezzo, non c'è peso per il suo valore. Un amico fedele è un balsamo di vita, lo troveranno quanti temono il Signore. Chi teme il Signore è costante nella sua amicizia, perché come uno è, così sarà il suo amico" (Sìr 6,5-17).

Papa Francesco: "vorrei sottolineare l'importanza, in questa vita comunitaria, delle relazioni di amicizia e di fraternità, che fanno parte integrante di questa formazione. Arriviamo ad un altro problema qui. Perché dico questo: relazioni di amicizia e di fraternità. Tante volte ho trovato comunità, seminaristi, religiosi, o comunità diocesane, dove le giaculatorie più comuni sono le chiacchiere! E' terribile! Si "spellano" uno con l'altro... E questo è il nostro mondo clericale, religioso... Scusatemi, ma è comune: gelosie, invidie, parlare male dell’altro. Non solo parlare male dei superiori, questo è un classico! Ma io voglio dirvi che questo è tanto comune, tanto comune. Anche io sono caduto in questo. Tante volte l'ho fatto, tante volte! E mi vergogno! Mi vergogno di questo! Non sta bene farlo: andare a fare chiacchiere. "Hai sentito,.. Hai sentito... ". Ma è un inferno quella comunità! Questo non fa bene. E perciò è importante la relazione di amicizia e dì fraternità. Gli amici sono pochi. La Bibbia dice questo: gli amici, uno, due... Ma la fraternità, fra tutti. Se io ho qualcosa con una sorella o con un fratello, lo dico in faccia, o lo dico a quello o a quella che può aiutare, ma non lo dico agli altri per "sporcarlo". E le chiacchiere, è terribile! Dietro le chiacchiere, sotto le chiacchiere ci sono le invidie, le gelosie, le ambizioni. (...) Questa è una bella, una bella strada alla santità! Non parlare male di altri. (...) Ci sono però due estremi; in questo aspetto dell'amicizia e della fraternità,  ci sono due estremi: tanto l'isolamento quanto la dissipazione. Un 'amicizia e una fraternità che mi aiuti a non cadere né nell'isolamento né nella dissipazione. Coltivare le amicizie, sono un bene prezioso: devono però educarvi non alla chiusura, ma ad uscire da voi stessi. Un sacerdote, un religioso, una religiosa, non può mai essere un'isola, ma una persona sempre disponibile all'incontro. Le amicizie poi si arricchiscono anche dei diversi carismi delle vostre famiglie religiose. E' una ricchezza grande. Pensiamo alle belle amicizie di tanti santi"1. Buona condivisione!

 

________________________

1 Papa Francesco, Incontro con i seminaristi, novizie e novizie. Aula Paolo VI, 6 luglio 2013.

 

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Approfondendo la Decisione sullo stile di vita Atti dell’XI CG


Promuovere azioni concrete di prevenzione della salute integrale, sprattuttoverso le suore

che svolgono un servizio che comporta un costante sforzo psicofisco e coinvolgimento affettivo. 

 

(Dimensione profetica: n° 8 – pag. 46)

 

Il "pezzetto" di questo mese ci mette di fronte alla "visione integrale della persona umana (unità e armonia di corpo -psiche - spirito), nella sua centralità e nella sua dignità come figlio di Dio"1. Da questa "visione" nasce la necessità di una "formazione integrale"2, di "accompagnare i processi di maturazione delle persone"3e il bisogno urgente di "promuovere azioni concrete di prevenzione della salute integrale" delle suore".

 

La parola "integrale" si riferisce a ciò che è "intero, completo, totale, parte integrante di un tutto"4. Quando questa parola "integrale" si applica alla persona umana, significa vederla nella sua "integrità", senza dualismi psico-fisici-spirituali, perché Dio ci ha creato non divisi in noi, ma integrati. San Paolo lo dice chiaramente: "tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo" (ITs 5,23). Di questa unità-ìntegralità tutte facciamo esperienza nel quotidiano, tutte possiamo costatare come, se una delle dimensioni è "malata" anche le altre sì risentono. Qualche volta avremo sentito dire: "sta somatizzando!". Cosa significa? Che anche una sofferenza spirituale o una situazione problematica può incidere nella nostra salute fisica, e viceversa, una malattia fisica, la troppa stanchezza o una tensione prolungata, possono influire fortemente nel nostro stato d'animo, nella nostra psiche e, anche, nella nostra vita spirituale. Avete mai fatto qualche esperienza di questo?

 

Questo è il cuore del tema di questo mese. Spesso la nostra vita, la nostra missione o la nostra convivenza comunitaria, esigono "un costante sforzo psicofìsico"; ciò chiede di essere vigilanti per "prevenire" di arrivare a situazioni limite, che sono un vero attentato all'integralità e all'armonia della persona, con l'alto rischio di cadere in forme di stress, dì esaurimento, di svuotamento spirituale, di annientamento delle motivazioni vitali della nostra vita consacrata. "Prevenire" per salvaguardare la "salute integrale" (per salvaguardare la vocazione!). "Prevenire", che significa arrivare prima e non dopo, quando già non ci si può far nulla.

 

Però la Decisione parla anche delle consorelle che "svolgono un servizio che comporta un coinvolgimento affettivo", cioè, le consorelle infermiere o che assistono le suore anziane o ammalate. Il servizio alla persona malata richiede sempre una grande fortezza d'animo, un grande spirito di fede e una specifica professionalità, perché si convive con il dolore, con la sofferenza altrui e, pure, con la morte. Ma per le suore che curano le proprie consorelle c'è il "plus" del "coinvolgimento affettivo", perché si tratta non solo di un “paziente”, ma innanzitutto di una “sorella”. Proprio per questo, si esige molto da loro e, può capitare che, a causa della familiarità e della confidenza, si faccia fatica ad accogliere le loro indicazioni o cure con docilità, obbedienza e gratitudine. "Curiamo le consorelle ammalate nel migliore dei modi con la carità del Signore come una madre, con umiltà grande e affettuosità in Gesù Cristo"5. Ma "quando siamo ammalate accettiamo con spirito di fede e di umiltà, senza pretese, sia il servizio caritatevole delle consorelle, sia la croce della sofferenza6. Cosi questo servizio che "comporta un costante, sforzo" sarà fonte dì serenità, di gioia e di fecondità, per chi lo offre e per chi lo riceve.

 

Allora, è urgente inserire nel Progetto comunitario i tempi e le iniziative concrete di "prevenzione della salute integrale" delle nostre consorelle e che vengano fedelmente rispettate. Ci è anche di aiuto la Decisione n. 1 degli Atti dell'XI Capitolo generale, sulla necessità di stabilire modi e tempi di distensione, e invito a leggerla per intero e attuarla nel Progetto della comunità7. Nel Capitolo si diceva: "curare coloro che curano gli altri"!

 

Anche se la riflessione di questo mese può sembrare rivolta solo alle comunità, dove sono curate le consorelle anziane o ammalate, è invece per tutte noi, ed è la Superiora locale la prima, che deve garantire questo alle suore affidatele. Se la "carità" ci ammala, allora non è vera "carità". La giusta ed equilibrata cura della salute integrale, è un dovere davanti a Dio, e ci aiuterà a vivere con più serenità la nostra vocazione e missione, ci farà consacrate serene, felici, belle della bellezza dì chi ama e serve Cristo nel prossimo. Buona riflessione!



1 PSCM, Atti XI CG, Decisione sullo stile di vita. Dimensione profetica, caratteristiche, pag. 43.

2 Cfr. Arti XI CG, Decisione sullo stile di vita, n. 6; Puzzle del mese di giugno 2013.

3 Cfr. Arti XI CG, Decisione sullo stile di vita, n. 7; Puzze del mese di luglio 2013.4

4 Dizionario online tratto da: Grande Dizionario Italiano di Gabrielli Aldo, Dizionario della Lingua Italiana, Ed. HOEPLI.

5 Costituzioni PSMC, Art. 54.
6 Costituzioni idem.

 7 PSMC, Atti XI CG, Decisione n. 1, Mod

 

Definizione pressa da Wikipedia.it: https://it.wikipedia.org/wiki/Scienze_sociali.

 

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Mercoledì, 26 Giugno 2013 10:47

PUZZLE del mese di Luglio

26 giugno

 

anteprima2_2606013E' online il Puzzle del mese di luglio:  Un "pezzetto" al mese per "Instaurare omnia in Christo".  

La riflessione della Superiora generale per approfondire le decisioni dell'XI Capitolo generale.

Utilizzare gli apporti delle scienze umane e creare spazi concreti e sistematici di riflessione comunitaria sulla dimensione umana della persona per essere in grado di accompagnare meglio i processi di maturazione delle persone.                                                                                                     (Dimensione profetica: n° 7 – pag. 45)

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Approfondendo la Decisione sullo stile di vita Atti dell’XI CG


Utilizzare gli apporti delle scienze umane e creare spazi concreti e sistematici di riflessione comunitaria sulla dimensione umana della persona per essere in grado

di accompagnare meglio i processi di maturazione delle persone.

 

(Dimensione profetica: n° 7 – pag. 45)

 

Questo numero di oggi ci mette di fronte ad un tema molto importante. Non possiamo dare per scontato che tutte abbiamo chiaro cosa sono le “scienze umane” o “scienze sociali”. Partiamo accordandoci con una definizione: “Le scienze sociali o scienze umane sono quelle discipline che studiano l'uomo e la società, in particolare l’origine e lo sviluppo delle società umane, le istituzioni, le relazioni sociali e i fondamenti della vita sociale”1. Alcune di queste discipline sono: l’antropologia, la psicologia, la linguistica, la storia, la sociologia, la geografia, e così via…

Allora, perché è importante per noi “utilizzare gli apporti di queste scienze umane”? Perché esse possono aiutarci a capire meglio la persona umana, a non fare “diagnosi” affrettate sulle persone (consorelle, laici, destinatari della nostra missione), a fare una lettura più giusta delle realtà... Sempre i nostri comportamenti, abitudini e atteggiamenti sono legati ai nostri parametri culturali, storici, esperienziali e, data la interculturalità che abbiamo in quasi tutte le nostre comunità, il “conoscere” di più ci aiuterà a poter “accompagnare meglio i processi di maturazione delle persone” e anche il nostro proprio processo di maturazione.

Ma a questo punto è importante capire che “sapere” non significa “conoscere”. Esiste fra di loro una radicale e importantissima differenza:

* sapere è una modalità più statica, significa che abbiamo registrato informazioni, nozioni, processi, metodi e siamo capaci di ripeterli correttamente, eventualmente applicandoli. Si possono sapere molte cose di una persona e, nonostante ciò, non conoscerla, vero?

* conoscere è una modalità più attiva e dinamica: è intendere, avere piena cognizione o esperienza di qualcosa, distinguere, discernere, ragionare; conoscere una persona è sapere chi è, avere familiarità con essa. La conoscenza si confronta con il sapere e comprende la sua validità e i limiti.

Quindi, è buono ora interrogarci su due cose:

1. sulla profondità o superficialità del nostro “sapere/conoscere”. Constato con frequenza che molti dei nostri problemi nelle relazioni, di accettazione reciproca, di riconciliazione fra di noi e con gli altri, come anche nella relazione con le realtà del mondo, hanno la sua origine in una scarsa “conoscenza umana”. È molto buono pregare per la sorella con la quale non riesco a intendermi. Certo! La preghiera è il primo strumento per avere da Dio la forza e la luce nelle problematiche di ogni genere, però se questa non è seguita dal “gesto umano” rimane sterile o diventa un “anestetico spirituale” nel quale la nostra coscienza si consola. Se non parlo con una persona, devo pregare, ma dopo le devo parlare, la devo avvicinare, ascoltare, perché magari il “vero” problema è che non “ci conosciamo”!

 2. su quanto ci siamo impegnate come comunità/provincia/congregazione a sfruttare gli apporti di queste scienze a beneficio di una più buona, più bella e più vera integrazione comunitaria e fraterna, in favore di una lettura più adeguata e feconda delle realtà. Mi stupisce constatare quanti pregiudizi abbiamo ancora per accogliere, per esempio, un aiuto psicoterapeutico! Perché?

Oggi, questo numero, ci invita ad abilitarci comunitariamente ad avere questa “conoscenza” più profonda e obiettiva delle persone e delle realtà: a “creare spazi sistematici di riflessione comunitaria sulla dimensione umana della persona”. Come? Non solo pensando a chiamare “qualcuno” o a partecipare a un corso…, ma anche essendo autodidatte: inventare dinamiche per “raccontare” le nostre culture e storie, per conoscerci e capirci di più e così “accompagnarci nei processi di maturazione”; scegliere dei libri sul tema e condividere il contenuto; ricercare materiale sul tema in Internet da scambiare insieme… Proviamoci!! Buona riflessione!



Definizione pressa da Wikipedia.it: https://it.wikipedia.org/wiki/Scienze_sociali.

 

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