Giovedì, 28 Novembre 2013 12:19

AVVENTO 2013

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28 novembre 2013

«Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio”
(Lc 1,35).

 
Carissime sorelle,
l’anno 2013, che sta ormai arrivando alla fine, è stato per tutte noi carico di eventi e di celebrazioni significative per la vita della Chiesa e della nostra Congregazione; due “sorprese di Dio”, le dimissioni di Papa Benedetto XVI e la lezione di Papa Francesco, la Visita stabilita in tutta la Congregazione, l’inizio del secondo anno di preparazione al Centenario di Fondazione, la Beatificazione dei Martiri spagnoli, l’apertura dell’anno missionario orionino ad Aparecida (Brasile), il centenario della nascita della nostra Venerabile Sr. M. Plautilla Cavallo, l’incontro, realizzato ultimamente a Roma, di Consiglio allargato con la presenza di tutte le Superiore provinciali e regionali…

Ma, l’evento ecclesiale più rilevante ed universale, credo, che sia stato l’Anno della Fede, concluso la domenica di Cristo Re, e che ci ha offerto la profonda opportunità di rinnovarci nel vissuto, nella testimonianza e nell’impegno radicale della fede. Unito a questo evento abbiamo accolto con gioia la prima Enciclica di Papa Francesco “Lumen fidei”, che sicuramente tutte abbiamo già letto e gustato, e in questi giorni l’Esortazione Apostolica “Evangelii Gaudium”.

Dice il Papa: “Nella fede, dono di Dio, virtù soprannaturale da Lui infusa, riconosciamo che un grande Amore ci è stato offerto, che una Parola buona ci è stata rivolta e che, accogliendo questa Parola, che è Gesù Cristo, Parola incarnata, lo Spirito Santo ci trasforma, illumina il cammino del futuro, e fa crescere in noi le ali della speranza per percorrerlo con gioia[1].

E sono queste le parole ed il contesto, nei quali apriamo le porte alla nostra riflessione per il Tempo di Avvento, che oggi iniziamo: un grande Amore ci è donato, Gesù Cristo, Parola incarnata nel seno di Maria, Madre e Vergine purissima[2]. Il mistero dell’incarnazione, che mette contemporaneamente al centro Gesù, Parola incarnata, e Maria, seno verginale che l’accoglie, tempio purissimo e fecondo, nel quale il Creatore esperimenta l’essere creatura. Ma troviamo una terza figura fondamentale: Giuseppe, l’uomo giusto e casto, innamorato del “Mistero”, anche lui reso fecondo dalla stessa fecondità verginale di Maria, sua sposa.

 

Verginità: è ancora un valore?

Viviamo tempi, in cui la secolarizzazione e le sue conseguenze hanno invaso tutti gli ambiti della vita delle persone, senza distinzione alcuna. Diceva Papa Benedetto XVI: “La secolarizzazione, che si presenta nelle culture come impostazione del mondo e dell’umanità senza riferimento alla Trascendenza, invade ogni aspetto della vita quotidiana e sviluppa una mentalità in cui Dio è di fatto assente, in tutto o in parte, dall’esistenza e dalla coscienza umana. Questa secolarizzazione non è soltanto una minaccia esterna per i credenti, ma si manifesta già da tempo in seno alla Chiesa stessa. Snatura dall’interno e in profondità la fede cristiana e, di conseguenza, lo stile di vita e il comportamento quotidiano dei credenti. Essi vivono nel mondo e sono spesso segnati, se non condizionati, dalla cultura dell’immagine che impone modelli e impulsi contraddittori, nella negazione pratica di Dio: non c’è più bisogno di Dio, di pensare a Lui e di ritornare a Lui. Inoltre, la mentalità edonistica e consumistica predominante favorisce, nei fedeli come nei pastori, una deriva verso la superficialità e un egocentrismo che nuoce alla vita ecclesiale[3].

Di fronte a questa realtà, mi domandavo: Quale significato ha la celebrazione del Mistero del Dio fatto uomo nel seno di una Vergine? Cosa significa per la nostra gente, e per noi stesse, il mistero di Maria e di Giuseppe, accogliendo nella loro “verginità” il Figlio di Dio? Che valore ha oggi la “verginità” di Maria e di Giuseppe? e il nostro voto di castità?

L’impressione è che si rifletta ben poco, nel tempo natalizio, sul “mistero” e sul “valore” e ci si lasci trascinare da questa “cultura secolarizzata”, consumistica ed edonista, che riduce senza scrupoli, il Natale, a regali, a cene, brindisi, fuochi… di “superficialità ed egocentrismo”.

Secondo questa mentalità edonistica e consumistica, la scelta della castità e della purezza, non è un “prodotto” interessante, non trae “guadagno”, “piacere”, “godimento”, ancora meno se si parla di un “per sempre” o “in perpetuo”; l’offerta totale e radicale della vita non ha senso nella società del “culto all’individuo”, nella “cultura dell’immagine”, dove “Dio è di fatto assente” (“morto”), confinato alla periferia della vita o escluso e dove parole come “offerta”, “sacrificio”, “trascendenza” sono estranee o, semplicemente, cancellate dal vocabolario e dalla vita.

Inoltre, la promozione del “benessere” diffusa in forma incommensurabile attraverso le tecnologie della comunicazione, con l’esaltazione e l’invito al possedere, al potere e all’erotismo, come uniche vie (o quasi) per raggiungere la felicità, rendono ancora più “controcorrente” una proposta evangelica di vita bassata sulla bellezza della castità e del dono di sé.

Continua Benedetto XVI: “in questo contesto culturale, c’è il rischio di cadere in un’atrofia spirituale e in un vuoto del cuore, caratterizzati talvolta da forme surrogate di appartenenza religiosa e di vago spiritualismo”.

E noi, consacrate, non siamo assolutamente fuori di questi rischi!

Dice fortemente Papa Francesco nell’Esortazione Apostolica appena pubblicata: “mi fa tanto male riscontrare come in alcune comunità cristiane, e persino tra persone consacrate, si dia spazio a diverse forme di odio, divisione, calunnia, diffamazione, vendetta, gelosia, desiderio di imporre le proprie idee a qualsiasi costo, fino a persecuzioni che sembrano una implacabile caccia alle streghe. Chi vogliamo evangelizzare con questi comportamenti?”[4].

Quindi, ciò che Papa Benedetto dice per la Chiesa, lo diciamo per noi: la secolarizzazione non è una minaccia esterna, ma si manifesta già da tempo dentro di noi e nel seno delle comunità rischiando anche noi di cadere nell’atrofia spirituale, nel vuoto del cuore, nel vago spiritualismo…!

 

Castità e purezza di vita

Ci inoltriamo così nella riflessione sul vissuto del Voto di castità e della purezza di vita.

Don Orione ci ha lasciato tante parole al riguardo. Vorrei che, contestualizzando ovviamente il “linguaggio” utilizzato da Don Orione, rileggiamo alcuni brani di una lettera scritta ai suoi “figli prediletti” riscoprendo, più che la “lettera”, lo “spirito” sottostante, e che può molto bene illuminare e attualizzare la nostra riflessione sulla castità[5]. Dice Don Orione:

Figlioli miei in Gesù Cristo, fate in modo che tutto il cuore, l’anima e la mente sia di Dio, e tutta la vita vostra sia mortificata e pura e vestita di luce, di candore e della grazia di Gesù Cristo.

Raccomandatevi sempre alla SS. Vergine. Figlioli miei in Gesù Cristo, che lo sguardo, l’andatura il tratto, il tono della voce, la natura delle parole, tutto insomma riveli in noi tale illibatezza e santità di vita, che il mondo abbia a dire stupefatto...

Non scordiamoci un solo momento della presenza di Dio…

Noi saremo gratissimi a Dio e di ammirabile edificazione e buon esempio, e spargeremo come un profumo di buon odore che inviterà tutti alla virtù, se saremo perfettamente modesti e riservati, pure mostrandoci non selvatici, ma cortesi ed educati e civili…

Tutte le virtù, miei figli prediletti, voglio che siano da noi praticate, ma quanto alla bella virtù, alla purità, voglio che sia la virtù speciale nostra, e per questo vi esorto alla Comunione quotidiana, alla divozione filiale alla Madonna, alla preghiera, alla fuga da ogni relazione pericolosa, e alla mortificazione…

Il nostro aspetto, il nostro sguardo, il nostro contegno, le nostre parole, tutto il nostro modo di fare deve spirare castità e angelica virtù[6].

Don Orione voleva che la “purezza” sia “la virtù speciale nostra”, esortandoci con frequenza alla “vigilanza”, vivendo sempre nella “presenza di Dio” e dando testimonianza nella “modestia, riservatezza, cortesia ed educazione” per guadagnare la credibilità e la fiducia della gente e fra di noi. Diceva, nella stessa lettera: “Il mondo ci guarda sempre con occhi di lince: guai se ci trova addosso un nonnulla da poterci criticare a questo riguardo! D’un neo ne fa tosto una macchia d’olio incancellabile[7].

Oggi come ieri il mondo “guarda” e “attende” la nostra coerenza, trasparenza e rettitudine. Basta pensare al successo mediatico che ottengono certe notizie che vedono coinvolti membri della Chiesa in fatti di economia o di scandali sessuali!

Ma anche Don Orione ci offre una intuizione ancora più profonda, non riducendosi al solo aspetto “sensuale”: “tutto il cuore… tutta l’anima… tutta la mente… lo sguardo, l’andatura, il tratto, il tono della voce, la natura delle parole… tutto in noi…”. La “castità”, la “purezza”, quindi, sono come la “terra”, dove germoglieranno anche la “povertà” e l’”obbedienza” e dove matureranno i frutti della “carità”.

Ricordo qualche anno fa, dialogando con P. Carlo Molari sull’intervento che doveva fare al nostro Capitolo generale del 2005, ad un momento mi fa la domanda: “ma, il vostro Voto di carità, cosa aggiunge al vostro Voto di castità?”. Questa sua considerazione mi fecce interrogare e approfondire il senso di questa inaspettata domanda: certamente, se la nostra “castità” non si risolve nella “carità” significa che è una “pianta” sterile. La “carità”, alla quale noi ci leghiamo con “voto”, è per noi il “modo”, “lo stile” di vivere la “castità” elevando e potenziando al massimo la nostra relazione sponsale con Cristo e la nostra relazione materna-fraterna con gli altri: amare e servire Dio nei poveri, piegandoci con caritatevole dolcezza sulle loro ferite, spargendo carità e beneficando, con cuore di sposa, di sorella, di madre[8].

Purezza”, “castità”, “verginità”… diventano “stile di vita”, “stile di relazioni fraterne”, “stile di servizio ai poveri”… L’autenticità della castità e della purezza della nostra vita, si rivela, in modo particolarmente chiaro, nel modo come ci relazioniamo con noi stesse, fra di noi e con gli altri. Il cuore “puro-casto” è naturalmente inclinato al bene, alla misericordia e all’amore, perché, il senso ultimo non è solo nella “rinuncia della sessualità (o genitalità)”, ma nell’accoglienza dell’Amore trasformante di Dio che chiede la scelta libera e liberante, gioiosa e feconda, di Cristo come unico Sposo.

Il cuore “impuro-edonista”, è un cuore inquieto e diviso, chiuso ed egoista (da “zitella[9]), dal quale escono sguardi, gesti e parole pungenti e aggressive, giudizi temerari, critiche e diffamazioni, pettegolezzi, gelosie e rivalità, avidità per il potere e per l’avere; è autoreferenziale e schiavo del “culto” alla propria immagine, promotore di discordie e divisioni. È l’iniquità dell’io “egoico-bellico[10] che sommerge nella tristezza e nell’insoddisfazione, anche se è pieno di “cose”.

Il cuore “puro”, è un cuore sereno e indiviso, aperto e oblativo, abitato da quella Carità che “è paziente, benigna; che non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità; tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1Cor 13,4-7). È la bontà dell’“io relazionale” che ricolma di gioia e di pace, anche nella rinuncia e nella povertà.

È il cuore purissimo e verginale di Maria che l’ha resa “madre” del Figlio, e l’ha aperta all’universalità. Maria mai condanna, mai ferisce, mai divide, perché è “casta”, perché è “vergine”, perché è “pura”, perciò è anche Madre dei peccatori!

È il cuore casto di Giuseppe che l’ha reso “padre” del Figlio di Dio, libero dall’“ombra” del dubbio, del sospetto, del pensiero egoista. Giuseppe crede e si consegna, e in questo modo è partecipe della “maternità verginale” di Maria, sua sposa amata.

Dalla purezza del cuore possono nascere solo atteggiamenti e comportamenti “casti e puri”, verso Dio, verso gli altri, verso sé stessi.

 

Alla scuola di Maria

Le porte dell’Avvento, si aprono con la Solennità dell’Immacolata. Maria è purissima fin dalla sua concezione, perché così Dio, fonte di ogni bellezza e purezza, ha voluto prepararsi una Madre, un seno incontaminato dalla tendenza egoista e bellica che porta in sé il peccato; si è preparato il seno verginale e puro, capace di accogliere nella fede e nell’amore, Sé stesso, il Dio Trinità, e di ridarlo alla luce nell’Uomo nuovo Gesù, relazionale, fraterno e comunionale.

Maria è per noi “scuola” di purezza e di accoglienza, e in questa “scuola” vogliamo plasmare la nostra vita, mentre ci prepariamo alla celebrazione del Mistero del Natale.

Maria non ha paura della nostra “impurità”, del nostro “edonismo”, del nostro “io bellico-egoico”; lei è Madre, lei vuole lavare e purificare con la sua tenerezza materna, quanto rende la nostra “terra” sterile e infeconda.

Lei vuole insegnarci a diventare “vergini pure e feconde”, dove il Mistero dell’Incarnazione si rinnovi e sia ri-presentato al mondo d’oggi attraverso la nostra vita trasformata in purezza di pensiero, purezza di sentimenti, purezza di relazioni, purezza di carità. E Dio nascerà ancora oggi in noi, e per noi nascerà, illuminerà e risanerà tutte le “periferie esistenziali” che sono in noi, nelle nostre sorelle, nelle nostre comunità, nelle nostre realtà, nell’intera umanità soggiogata dalla schiavitù del secolarismo.

Lascio concludere a Don Orione, attraverso alcuni bellissimi brani di un suo scritto del 1936:

Alla scuola di Maria. Esultiamo tutti nel Signore, o fratelli, e celebriamo le virtù della Beata Vergine Maria, della cui gloria gioiscono gli Angeli.

Se si guarda al complesso delle nostre inclinazioni morali, mi pare che di tre virtù abbiamo bisogno: di umiltà, purezza e carità. - Agli sfrenamenti dell'orgoglio il freno dell'umiltà: a quelli del senso il freno della purezza: all'egoismo lo slancio della carità.

Ma l'ideale della virtù, campato in aria, ci lascia freddi. Noi abbiamo bisogno di esempi, di modelli. Orbene, Maria, non è solo il dolce nome che fa vibrare le corde più riposte del cuore, perché Madre di Dio e nostra…, ma anche perché Ella ci porge il modello insuperabile della virtù.

Il bello ideale dell'umiltà , della purezza, della carità noi lo sorprendiamo in Maria SS.ma, in quei fatti che l’Evangelo con tanta sapienza ci ha tramandati. (…) L'umanità, allorché vaneggia nella superbia, dilaga nel torrente limaccioso della sensualità. (…) Ma chi ci darà le belle generazioni di uomini casti? Maria, o fratelli, Maria! Questa virtù la impariamo da Maria. (…) E il suo cuore non s’è chiuso, no alla bontà, agli affetti alti e gentili. Nel cuore di Maria arse la fiamma della carità, d’un amore puro, santo, universale. Il suo amore lo ha dato a Dio, a quel Dio che é carità, e dinanzi al quale impallidiscono tutti gli altri amori, come al comparir del sole impallidiscono tutte le altre stelle.

Ai piedi della culla di Gesù, ai piedi della Croce di Gesù troviamo Maria: Madre di Dio, il suo cuore è tutt'uno con la vita e col cuore di Dio. (…) E in Dio Ella amò di ardente amore gli uomini: d'un amore, dopo quello di Cristo, che rimase insuperato.

Lasciamo il fatto delle nozze di Cana, che rivela tutta la tenerezza di Maria, l'amore premuroso che strappa al Figlio il primo miracolo, amore delicato, che fa il beneficio e lo nasconde, per non fare sentire ai beneficati il peso della riconoscenza.

Oh qual scuola di vita aperse a tutte le generazioni umane Maria SS.!”[11]

 

Nell’attesa di una “nuova umanità”

Carissime sorelle, il tempo dell’Avvento è per sua natura tempo di “attesa”. Gesù, l’uomo nuovo, si incarna oggi in noi, nello stile di vita delle nostre comunità. Gesù vuole nascere come “nuova umanità” in questi contesti di secolarismo, di edonismo, di consumismo. Solo se permettiamo che il Verbo si faccia carne ancora una volta, in noi, trasformi i nostri cuori, i nostri schemi mentali e spirituali, i nostri stili relazionali attuali, le nostre dinamiche di evangelizzazione, solo così, potremo offrire, come Maria, la “novità” del Natale, e non sarà un “altro” Natale in più come tanti altri. Siamo noi il “seno materno e casto” di quella “creazione che geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto” (Rm 8,22) e che “geme interiormente” nell’attesa della “nascita” di una nuova umanità relazionale e pura.

Oggi siamo noi “Maria e Giuseppe”, che nella fede, contro le leggi del “normale”, del ciò che “è sempre stato”, della “mentalità rigida” diffusa e collaudata dagli “anziani di Israele”, siamo chiamate a fare la scelta coraggiosa del “nuovo”, nel quale Dio vuole incarnarsi. A dare espressione in noi ad una più radicale “purezza di vita”, ad una “verginità” fecondata dallo Spirito Santo, che sia “segno di contradizione” in mezzo alla cultura dominante, che respiriamo ogni giorno, sfidando ogni forma di relativismo, di genericismo e superficialità.

Dipende da noi, dal nostro “voler” personale e comunitario, che “questo” Avvento sbocci in un “evento di luce e di salvezza”. Nessuno lo farà per noi! E la Chiesa e la Congregazione ci spingono in questo coraggioso salto spirituale.

Invito tutte noi ad abbandonarci, come Maria, sotto “l’ombra dell’Altissimo” e a “non temere”, lasciarci “fecondare”, lasciarlo fare a Lui in noi, per noi e con noi.

In questo itinerario di Avvento vi propongo alcune riflessioni, aiutate da domande (che allego alla fine) e dalla proposta di organizzare e celebrare comunitariamente, prima o dopo il Natale, la “Settimana del Deo gratias!”, nella quale chiederemo a Maria di lavare e purificare gli occhi del nostro corpo, del nostro pensiero, delle nostre relazioni e, con lo sguardo purificato, “ringraziare” la bellezza che Dio ha messo in noi stesse, nelle sorelle e nelle persone che ci avvicineranno in quella settimana. Ogni comunità proporrà creativamente il “come” motivarsi e attivarsi.

Il giorno di Natale ci trovi unite in un corale: “DEO GRATIAS!” per l’Amore fatto carne, Gesù, Figlio di Dio, il figlio di Maria e di Giuseppe.

O Maria, Madre e Signora mia,
affido a te la mia anima e il mio corpo,
la mia vita e la mia morte e ciò che verrà dopo.
Metto tutto nelle tue mani.
O Madre mia, copri col tuo manto verginale la mia anima
e concedimi la grazia della purezza del cuore,
dell'anima e del corpo e difendimi
con la tua potenza da tutti i nemici.
O splendido Giglio, Tu sei il mio specchio, o Madre mia[12]”. Amen.

 

Auguro a tutte un fecondo cammino di Avvento e i più fervidi desideri di un Natale sereno e gioioso.

 

Fraternamente e in comunione di preghiere:

 

 

                                                                                          Sr. M. Mabel Spagnuolo

                                                                                             Superiora generale

 

 

Roma, Casa generale, 27 novembre 2013.

 

Guida per aiutarci a dialogare:

(Nota: è conveniente, se è possibile, dividere la comunicazione in 2 o 3 momenti comunitari, preceduti dalla riflessione personale, affinché il dialogo sia più ricco)

 

Per la riflessione personale:

Per la riflessione comunitaria:

Verginità, è ancora un valore?

- Quali segni di edonismo, consumismo, culto dell’immagine, cultura del “benessere” scopro in me?

 

- Come utilizzo con distacco, vigilanza, prudenza e responsabilità, i mezzi di comunicazione che ho a mia disposizione?

- Come è entrata “nel seno della nostra comunità” la secolarizzazione con tutti i suoi effetti? (edonismo, consumismo, culto della persona, cultura del “benessere”, uso dei mezzi di comunicazione digitale) (concretamente).

 

Castità e purezza di vita.

- Come vivo personalmente la trasparenza, la rettitudine, l’impegno di amore sponsale ed integro a Cristo, unico Sposo?

 

- Rileggo la relazione di Marco Guzzi dagli Atti dell’XI Capitolo, pag. 77 a 84.

- Faccio un elenco degli atteggiamenti e comportamenti che scopro in me, che rivelano:

  1. L’io egoico-bellico:

 

 

 

  1. L’io relazionale-comunionale:

 

 

 

- Cosa ci colpisce dalle parole di Don Orione sulla “bella virtù, la purità”?

 

- Come sono le nostre relazioni fraterne, nell’ottica di una castità che sboccia nella carità?

 

- Quanto c’è in noi di “egoico-bellico”? e Quanto c’è di “relazionale-comunionale”?

(nelle relazioni fra di noi e nelle relazioni apostoliche con gli altri: assistiti, personale laico, famiglie, vicini, ecc.)

Alla scuola di Maria

- Cosa ci insegna Maria sulla purezza di vita?

 

 

 

 

Nell’attesa di una “nuova umanità”

- Cosa possiamo “generare” nella nostra comunità affinché da questo “Avvento” sbocci un “evento” di vita nuova, di stile nuovo? (impegno comunitario concreto)

 

 

 

- Organizziamo la “Settimana del Deo gratias!”

 

 



[1] Papa Francesco, Lettera Enciclica “Lumen fidei”, n. 7.

[2] Seguendo il mio Piano generale di animazione del sessennio, come ricorderete, l’anno scorso abbiamo centrato le nostre riflessioni sul voto di obbedienza nella “docibilitas”, questo anno ci soffermeremo sul voto di castità, ed il prossimo anno sarà sul voto di povertà.

[3] Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti all’Assemblea plenaria del Pontificio consiglio della cultura, Sala Clementina, 8 marzo 2008.

[4] Papa Francesco, Esortazione Apostolica “Evangelii Gaudium”, sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, 24 novembre 2013, n. 100.

[5] Questa lettera di Don Orione, anche se rivolta ai FDP, la troviamo nel libro “Don Orione alle PSMC”, data la profondità e bellezza della sua riflessione sulla castità e purezza di vita.

[6] Scritti, 52,33-36; Lettera scritta da Tortona, il 3 agosto 1920, ai fratelli sacerdoti, ai chierici e probandi: “Lettera (voleva essere una nota, invece diventò una lettera) da leggersi due volte in chiesa – al posto della lettura spirituale – durante gli Esercizi di Brà – 1920”.

[7] Scritti 52,33.

[8] Cfr. PSMC, Costituzioni Voto di carità, arts. 42 a 46.

[9] Papa Francesco, Discorso ai partecipanti all’Assemblea plenaria dell’UISG, Aula Paolo VI, 8 maggio 2013: “la castità come carisma prezioso, che allarga la libertà del dono a Dio e agli altri, con la tenerezza, la misericordia, la vicinanza di Cristo. La castità per il Regno dei Cieli mostra come l’affettività ha il suo posto nella libertà matura e diventa un segno del mondo futuro, per far risplendere sempre il primato di Dio. Ma, per favore, una castità “feconda”, una castità che genera figli spirituali nella Chiesa. La consacrata è madre, deve essere madre e non “zitella”! Scusatemi se parlo così, ma è importante questa maternità della vita consacrata, questa fecondità! Questa gioia della fecondità spirituale animi la vostra esistenza; siate madri, come figura di Maria Madre”.

[10] Cfr. Guzzi Marco, Relazione alle PSMC, durante l’XI Capitolo generale, Atti XI Capitolo generale, pag. 77-84.

[11] Cfr. Scritti 80,156-159.

[12] Santa Faustyna Kowalska, Preghiera a Maria.

 


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